INCONTRO CON KURT RUSSELL. ROMA, HOTEL ST.REGIS, 01/06/06

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Miss Plissken
view post Posted on 4/11/2006, 00:17




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Una maglietta chiara, jeans, capelli lunghi e alone da star, incontriamo Kurt Russell in una sala con pareti a specchio dell’Hotel St. Regis, dietro piazza Esedra. Il protagonista dell’ultimo film di Wolfgang Petersen, Poseidon, non ama farsi fotografare, ma la chiacchierata è piacevole e lo slang della parlantina accalorato ed eclettico.

Un nuovo personaggio si aggiunge alla sua lunga collezione di ruoli, l’ex sindaco di New York!

Se Schwarzenegger è governatore della California, perché non posso essere io il sindaco di New York?

Un film dove tutti gli attori si sono dovuti mettere alla prova...

Ogni minuto del film è stato difficile da girare, per tutto il tempo delle riprese sono stato male di salute, ma volevo presentare una verità assoluta riguardo alla paura di affogare. Nel film prima o poi tutti noi attori abbiamo dovuto rapportarci a questa paura. Ho riletto qualche mese prima delle riprese il libro de La tempesta perfetta, dove sono presenti delle descrizioni molto realistiche di ciò che significa l’acqua che prende il sopravvento e la paura umana . Ma ci siamo tutti messi nelle mani di Wolfgang e il panico è passato: quando lavori con un regista che sa esattamente quello che vuole ricreare, tutto risulta più facile, anche controllare la propria paura. Quindi, welcome to the party!

Come ha lavorato Petersen con gli attori?

Ho visto Das boot e vi ho trovato una grande intensità emotiva, rara per un film del genere. Mi ha sempre interessato lavorare con un regista che poteva spaziare da un film sui sottomarini a La storia infinita. Lavora come ogni altro regista, ha le sue idee, fa le sue scelte, insomma, Poseidon è un suo film e gli attori gli servono per rendere visive le sue idee. Petersen voleva ricreare un’idea molto realistica della catastrofe e per questo la prima cosa che ha sottolineato è stato il fatto di non utilizzare stunts anche per le scene più pericolose: voleva vedere il panico vero sui nostri volti. Un altro elemento importante risulta dall’aver girato tutto il film in ordine cronologico, seguendo perfettamente il tempo interno del film, una tecnica molto rara nel cinema, ma che aiuta gli attori a entrare di più nel personaggio e dona al film un gran ritmo.

In un disaster-movie, solitamente i dialoghi non spiccano per originalità. Cosa ci può dire riguardo Poseidon?

Durante i primi giorni di riprese, Wolfgang si accorse che i dialoghi che erano stati scritti sulla sceneggiatura non funzionavano, non erano realistici, anzi, erano proprio ridicoli. Ci incontrammo tutti insieme e durante le prove, cambiammo la maggior parte dei dialoghi. Io stesso ho riscritto l’ultima scena tra me, Emmy e Mike conferendole cambiamenti significativi. Non potevamo ricreare lo stesso spirito, gli stessi dialoghi del Poseidon del 1972, un bel film da vedere, ma che presenta dialoghi e situazioni per nulla credibili. Alcuni lo considerano addirittura un classico...Casablanca è un classico, non certo il primo Poseidon, un film per scolaretti!

I personaggi che ha interpretato per John Carpenter sono entrati nella storia del cinema. Cosa ricorda di quel periodo e del suo lavoro con il regista di Carthage?

Great guy, great director! Amo il suo stile registico, mai avuto tra noi uno screzio. Io stesso ho scritto la maggior parte dei dialoghi dei personaggi che ho interpretato per John. In questi film non c’è molto di me come persona, ma c’è tutto il mio lavoro: da Elvis a Grosso guaio a Chinatown, abbiamo sempre lavorato molto strettamente. Abbiamo anche dovuto ingoiare bocconi amari, la nostra soddisfazione totale arriva adesso, non allora, quando realizzavamo questi film. Quando girammo 1997 Fuga da New York il pubblico e la critica rimaneva basita: ‘New York una prigione? Un protagonista che non ha nessuna intenzione di redimersi, uno psycho-killer che va in giro con una benda sugli occhi è il leader positivo del film?’ Solo il pubblico più giovane apprezzò l’idea e l’originalità. Per La cosa, stesso discorso: quando uscì fu un flop tremendo, tutti andavano a vedere E.T., perché, come diceva la critica, ‘chi può andare a vedere un film con un mostro che non si vede mai in un film senza storia?.’ Io e John realizzammo un film su dodici uomini isolati, una grande storia di paranoia. Posso vederlo nei tuoi occhi l’entusiasmo che ti suscita questo film, ma allora non era facile trovare qualcuno cui piacesse The Thing. Ora, oltre vent’anni dopo è stato considerato il miglior horror mai realizzato! Anche Fuga da L.A., realizzato dieci anni fa, contiene dei presagi che si sono avverati: adesso non si può fumare quasi da nessuna parte, si ha paura di tutto, a partire da ciò che mangiamo per la carne alla mucca pazza, l’aviaria...

Da allora è cambiato molto il modo di fare cinema negli States?

Non proprio; la verità è che gli studios hanno cambiato molto il modo di vendere i film e il marketing ha preso il sopravvento sulla qualità del film in sé. Nel mondo di Hollywood, che si rapporta a certe riviste come Vanity Fair, girava un libro che è diventato ben presto molto popolare, il Book of lists, semplicemente una Top ten, un po’ come sul David Letterman Show. Un libro che mostrava come un film spesso diventi popolare e molto visto magari al terzo o quarto week-end di uscita nelle sale, o anche anni dopo. Gli studios invece sottostanno alla mentalità da primo week-end e questo cambia tutto per quanto riguarda gli incassi e il successo di una pellicola: non sanno veramente come promuovere un buon film. Impegnano sforzi, soldi e il loro tempo in brutti film.

Dal punto di vista pratico, il mondo di Hollywood per un attore ha subìto cambiamenti significativi negli ultimi anni?

Hollywood è molto cambiata e non certo per l’avvento degli effetti speciali: gli schermi verdi, utilizzati per la computer-grafica sono sempre esistiti, sono stati migliorati nel corso del tempo, ma non costituiscono mai il nucleo centrale di un film, fintanto che funziona la storia. I film sono realizzati su un set, in un luogo fisico. Posso dirti che, in 45 anni di esperienza a Hollywood, una cosa mi salta subito in mente e può sembrare superficiale. I set ora sono molto più silenziosi di un tempo, prima ci si parlava, si urlava [Russell si alza e mima, urlando e sbracciandosi, dialoghi tra tecnici, ndr]. Il sonoro andava ritoccato, ma quello che succedeva era che si creava un’energia, un senso di cameratismo tra attori, tecnici, assistenti che si instillava anche nel film. Un’altra novità riguarda l’avvento sui set delle motor-homes [sorta di enormi camper utilizzati come camerini, ndr]: prima avevamo delle stanzette 10x5 dove ci cambiavamo per poi raggiungere il make-up department per il trucco, un luogo in cui ci si trovava tra attori che stavano girando vari film. Ricordo una volta che mentre stavo girando una serie per la tv, agli studi Mgm, mi ritrovai nella stessa stanza con Elisabeth Taylor e varie star da venti film diversi: un’occasione per incontrare i colleghi e scambiarsi notizie, idee e riflessioni sui film che ognuno individualmente stava girando. Ora la casa è proprio fuori dal set, nel motor-home, dove c’è un forno a micro-onde, una televisione, aria condizionata, un letto, telefono, fax, un camerino per il trucco. L’attore non instaura più legami con i tecnici e il resto del cast del film, non esiste lo stesso senso di appartenenza a un progetto come in passato.

Cosa è cambiato nella sua vita dagli anni di Snake Plissken?

Gli attori fanno film per diverse ragioni, a volte per soldi, a volte per lavorare con persone che stimi, a volte è una combinazione di questi due elementi. Quando vado su un set, non importa se mi piace o no il film, cerco di recitare al meglio possibile. Ora per me le priorità sono diverse, ho una famiglia a cui pensare e questo si riflette sia sulla mia vita quotidiana che nel mio lavoro.

C’è un personaggio che le piacerebbe interpretare che ancora non ha affrontato?

Non lo posso sapere finché non ne leggo uno in un copione che mi colpisce. Per mia natura mi piace osservare il mondo che mi circonda e i ‘personaggi’ che incontro nella vita reale: sono un osservatore molto curioso e quando interpreto qualche carattere cerco sempre di inserire qualche particolare, tic o movimento che ho osservato nella quotidianità. Sono aperto a molti tipi di ruoli da interpretare, non farei mai Faust, questo no!

 
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